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Dibattito sulla lingua veneta: alcune considerazioni di Michele Brunelli

Le recenti dichiarazioni rilasciate ai giornali dalla professoressa Gianna Marcato sulla la lingua veneta, mi danno lo spunto per approfondire l’argomento. Rispetto la sua opinione, ma vi spiego perché dissento.
Primo punto. Secondo la professoressa, «Il dialetto si impara vivendo in una comunità che lo parla». Io considero che oggi molti giovani non hanno l’opportunità di imparare il veneto in famiglia perché non hanno genitori venetofoni. Ci sono genitori veneti che non parlano veneto; ci sono genitori provenienti da diverse parti del mondo dove si parlano altre lingue. Imparare il veneto solo in famiglia/comunità significa «tajar fora» – escludere – chi proviene da ambienti dove non si parla veneto. Noto inoltre che la nostra epoca è l’epoca della parola scritta: email, sms, cartelli, documenti cartacei e digitali. Relegare il veneto al solo ambito orale significa azzopparlo: vuol dire negargli metà della realtà.

Secondo punto. La dialettologa pone la questione della varietà e della codifica di una lingua: «esiste un mosaico di dialetti veneti» dichiara. Ciò sembrerebbe essere un problema. Io noto che anche altre lingue hanno varietà interne. Qui l’argomento si fa necessariamente tecnico, ma cercherò di spiegarmi con tre esempi. 1) In vèneto è un problema l’esistenza della doppia forma «fornaro/fornèr» o della coppia «parlemo/parlòn»? Bene, la lingua spagnola ha doppie forme per il congiuntivo di tutti i verbi: «durmiera/durmiese» (dormissi io), «durmieran/durmiesen» (dormissero) e cosi via per tutte le persone. La lingua ufficiale le accetta: ci sono varianti che possono convivere. 2) In veneto c’è chi dice «tuto» e c’è chi dice «tut». Anche nel piccolo Portogallo esistono variazioni simili: “tudu/tud”. I Portoghesi hanno brillantemente risolto il problema: scrivono «tudo», poi la o finale puoi pronunicarla [tudu] oppure non pronunciarla [tud]. 3) In veneto il numero 100 ha tre pronuncie: «sento», «thento», «tsento». Bene, in spagnolo il 100 suona “sjen” e anche “thjen”. Gli Spagnoli hanno conciliato le due pronunce in un solo segno: scrivono «cien», poi la c puoi pronunciarla [th] oppure [s].
In conclusione, la situazione del veneto è analoga a quella di altre lingue ufficiali. Ci sono variazioni che possono coesistere e variazioni che possono essere conciliate nella grafia senza che una forma “schiacci” le altre. La presenza di varietà non è di per sé un ostacolo alla scrittura, né all’insegnamento. Colgo piuttosto l’occasione per evidenziare una cosa: la ricchezza linguistica del veneto non si esprime solo nella varietà del suo lessico. Il veneto ha anche una sorprendente ricchezza grammaticale: ci sono molte curiosità nascoste nel modo con cui combiniamo queste parole. Regole che noi utilizziamo spontaneamente, ma che costituiscono un’opportunità di riflessione per gli studenti una volta che esse vengono rese “visibili” presentandole e discutendole in classe.
Dott. Michele Brunelli
membro Commissione regionale per la grafia – le opinioni da me presentate in questo articolo sono espresse a titolo personale
link consigliato: il libro di Brunelli sulla grammatica veneta


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